venerdì 20 febbraio 2009

quando una tragedia pubblica si trasforma in tragedia personale

Non ci avevo pensato, e invece - fossi stata più intelligente - avrei dovuto.

La tragedia che ha coinvolto la famiglia Englaro ha avuto ripercussioni su persone che conosco.
Persone che stanno peggio di me.
Persone attaccate a un respiratore.
Persone che si muovono su carrozzine iper-tecnologiche, che muovi con un soffio, con la lingua, con un bastoncino.
Persone che non hanno movimenti volontari, se non quelli dei muscoli facciali.
Persone.
Persone che si trovano su un filo sottilissimo, che alle volte si sentono persone, alle volte pupazzi.

Questa tragedia che ha scosso tutt'Italia, che ha obbligato ognuno di noi a porsi domande importanti, che sta portando il Parlamento verso una (ridicola) legge sul testamento biologico, ha smesso, per la sottoscritta, di essere spunto di riflessioni e domande che non trovano risposta, perché è diventata di riflesso una tragedia personale.
Alcuni tetraplegici gravi, le persone sopra descritte, hanno pensato che non valga più la pena.
E così si sono lasciati andare, e vogliono essere staccati dal respiratore.

Io non sono niente. 
Non posso giudicare, perché bisogna trovarsi nelle condizioni di ogni essere umano, prima di esprimersi.
Ieri parlavo con un'amica paraplegica, con una grandissima autonomia, e mi ha detto: "Ho sempre pensato che se fossi stata tetraplegica, avrei preferito morire".
Forse l'avrei pensato anche io, se avessi seriamente pensato alla faccenda, prima dell'incidente che mi ha reso tetraplegica.
Poi succede che uno si abitua. Alla mancanza di autonomia, alle mille beghe mediche, alla solitudine obbligata, quando non sei in condizioni di uscire.
Ma io sono io. Io sono un carattere particolare. Io sto bene con me stessa. Io riesco ad accettare molte cose, anche sgradevoli. Ci sono persone nelle mie stesse condizioni da cui posso imparare, ce ne sono altre che si rassegnano, che si chiudono, che sentono di non avere più niente da dire.

Io.
Ci sono volte in cui parte una bestemmia, ci sono giornate talmente dolorose che uno si chiede cosa stia a fare al mondo, poi ci sono anche giornate in cui percepisci una strana sensazione - indipendentemente dal tuo stato fisico o emotivo - e non sai, prima di addormentarti, se ti risveglierai. Ma il punto interrogativo non ti scompone, la morte è solo la fine della vita, sono coloro che ti stanno vicino che non ne vogliono sapere.

Io non posso giudicare queste persone che auspicano alla fine.
E' facile dire: "E' depressione", ma io non ci credo. Non è depressione, è realizzare che uno ci ha provato ma che basta, è stufo.
Se sono io a pensarlo, di quando in quando, perché non loro?
Questo non significa che viva le cose con cinismo, le vivo con realismo.
Con realismo e con dolore.

3 commenti:

Fabrizio Zanelli ha detto...

Ho un'amica che da una paraplegia T12 è passata (per via della syringomyelia) a una quadriplegia C2 (con respiratore). Appena ha avuto modo di essere un momento da sola ha diretto la carrozzina (comandata dal poggiatesta) contro le auto che transitavano in quel momento. Ha perso un braccio ma si è salvata. Non mi sono permesso nemmeno di pensare di giudicare il suo gesto e mi piacerebbe tanto ci fosse un po' meno di superficialità ed egoismo da parte di una politica solo serva della Chiesa su cui evito di pronunciarmi.

Lillo ha detto...

E' un argomento talmente delicato che ho apura anche solo ad avvicinarmi.

Credo solo che ci voglia molto rispetto per le decisioni ed i pensieri di persone che sofforno e lottano così a lungo, nella loro vita.

Bacio,
-L.

Papikita ha detto...

@FABRIZIO: puoi pronunciarti con serenità, la penso esattamente come te, e se dovessero ingabbiarmi per sovversione verso lo Stato Pontificio Italiano, sono già pronta ad appellarmi alla Corte di Giustizia Europea. Anche io ho una conoscente affetta da siringomielia, so cosa significhi, ho ascoltato la sua disperazione di essere ostaggio del proprio corpo, sapendo che non vi saranno miglioramenti.

@LILLO: questo si chiama buon senso, Lillo. Magari tu ne potessi distribuire un po', specialmente in Parlamento.