È che in ospedale ho visto un'anima di quattro anni, completamente immobile e col respiratore. E stringeva il cuore a tutti. E io, dopo quasi due mesi, ancora non mi ci ero abituata, e ogni volta che la vedevo la lacrima bussava (ma io non le aprivo). Forse un'anima così piccola può recuperare, perché poi io che ne so dell'ambaradan medico? Lesione o compressione? Completa o incompleta?
Sono parole che in tetraplegia fanno la differenza: tra l'immobilità totale con respiratore attaccato, a correre in lungo e in largo. Quindi non parlo di questo caso particolare, che però, giuro, era straziante.
Parlo di tutti quei casi di tetraplegia grave, dove serve il respiratore. Io mi dico: "No, così mai. Non ce la potrei fare", ma se tot anni fa mi avessero presentato una foto di come sono adesso, non avrei detto forse lo stesso? Eppure sono lontana, il più delle volte, dal considerarmi una merda umana. Eppure penso, comunico, giro, incontro, lavoricchio (pochino ma tanto basta a devastarmi). Eppure amo, sono amata. Sono anche confusa assai sull'argomento, casomai non si capisse.
È un dato di fatto che io vent'anni fa sarei andata diretta diretta al creatore, figurarsi quelli con lesioni cervicali peggiori della mia.
E più si va avanti, più ci si salva. Però non riesco a capire dove il limite debba essere posto, ma sono assolutamente certa che un limite deve, terza persona singolare indicativo presente, essere posto.
Perché sono certa che molte persone vivono prigioniere di un corpo che non appartiene più loro, e il cervello è solo una piccola parte del corpo. Non contiamoci palle, il corpo è importante. Non il particolare, non la palpebra cadente, ma l'uso delle mani, delle gambe, l'articolazione della parola. La comunicazione. Che non è solo verbale. Quante migliaia di volte avrei voluto fare una carezza che non riesco a fare, se non con il dorso della mano? Per dire, i limiti non devono per forza essere accettati da tutti. Quello che per me, smadonnando, è un limite accettabile, può risultare inaccettabile ad un altro essere.
Conclusione.
Non so.
(la parola "leggerezza" non è stavolta ivi compresa, pregasi rileggere o leggere il post precedente, grazie)
3 commenti:
Questi sono problemi etici su cui potremmo meditare per anni senza trovare una risposta univoca.
Perché in certi casi l'unica espressione risolutiva è "libero arbitrio".
Ognuno dovrebbe, in casi simili, poter scegliere se la propria condizione sia vita o tormento inaccettabile.
Il guaio sorge quando questo libero arbitrio non può più essere indipendente da una mano amica a cui chiedere l'osceno favore.
Perché è osceno uccidere una persona, in ogni caso.
Quindi la soluzione non potrebbe mai essere univoca... Ma ogni soluzione dovrebbe essere resa legale.
Perchè non è giusto che una persona con limitate capacità motorie abbia meno libero arbitrio di chi invece può fare tutto da solo, magari nell'impeto di un momento doloroso.
Non è eticamente accettabile.
ma ad esempio un trauma cranico con esito comatoso dove lo metti? lui/lei non può decidere, come fare? e se poi il coma è leggero e si risveglia? un casino, è un casino...
Bisogna pensarci per tempo.
http://it.wikipedia.org/wiki/Testamento_biologico
Il problema sorge invece per i più piccoli, che ovviamente non hanno la cognizione di causa per scegliere.
A quel punto tocca ai genitori.
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